martedì 28 dicembre 2010

Le anomalie del mercato azionario e la teoria del Capital Asset Pricing Model

Nonostante gli straordinari mutamenti, nel XX secolo avrebbe probabilmente potuto sortire effetti positivi un approccio di tipo passivo, basato sul ribilanciamento annuale dei titoli in portafoglio, per investire in azioni statunitensi Tuttavia, molti ri¬cercatori concordano che sarebbe possibile fare di meglio che rispecchiare il mercato azionario complessivo. Alla base di tali posizioni si colloca un'analisi approfondita delle "anomalie" del mercato azionario, che altro non sono che schemi dell'andamento del mercato azionario non conformi alle previsioni della teoria semplificata prevista in origine dal Capital Asset Pricing Model (CAPM) .
La prima versione del CAPM prevedeva che l'andamento di qualsiasi azione dovesse essere il riflesso di due cose: in primo luogo, della misura in cui il titolo deve essere inteso come gea-redo dilutedplay (ovvero, scommessa ampliata o ridotta) sull'intero mercato; in secondo luogo, della misura della volatilità specifica di una società.
Il primo aspetto rappresenta l'esposizione del titolo al rischio sistematico (calcolato dal suo valore "beta") per il quale si presume che gli investitori debbano essere compensati. Un esem-pio di un titolo che rappresenti un gcaredplay sul mercato azionario, ovvero di un titolo di tipo high beta, è quello degli equity money manager il cui reddito da commissione, che ri-specchia gli attivi gestiti, sale e scende in linea con il mercato azionario e la cui redditività è decisamente collegata a tale influenza. Il rischio sistematico non può essere diversificato in un portafoglio azionario.
Il secondo è rappresentato invece dagli "elementi di disturbo", ovvero dal rischio idiosincratico o diversifìcabile. Questo dovrebbe neutralizzarsi in un portafoglio ben diversificato, pur rispecchiando la possibilità che un singolo titolo aziona¬rio, o un portafoglio azionario, performi diversamente dal mercato (o più precisamente dal rendimento di mercato corretto per il beta specifico del titolo).
Il CAPM è stato sottoposto a diversi miglioramenti per rispecchiare le ricerche secondo cui esisterebbero diverse fonti di ri¬schio per un particolare corso azionario, in grado di contribuire a spiegarne l'andamento. Fra tali fattori figurano l'esposizione al tasso d'interesse e al cambio, i dati di bilancio, le informazioni sul reddito e sui dividendi nonché la capitalizzazione aziendale, così come la collocazione industriale e geografica. Conoscere e comprendere queste fonti di rischio può aiutare alla predisposizione del portafoglio azionario, soprattutto se l'investitore reputa che una fonte di rischio specifica possa produrre risultati positivi in futuro. Tuttavia, la filosofìa che si colloca alla base del CAPM - ovvero la divisione del rischio di portafoglio in rischio di mercato non diversifìcabile, sistematico, e in rischio diversificabile, idiosincratico - ha resistito alla prova del tempo. Infatti, offre un quadro estremamente prezioso per comprendere come le attività dei gestori di portafogli possano alterare le esposizioni al rischio sistematico e idiosincratico, incidendo così sull'andamento e sul rischio degli stessi portafogli. Comprendere questa filosofìa, cogliendone altresì i punti di forza e di debolezza, è un aspetto fondamentale dell'interfaccia fra la teoria finanziaria e l'investimento pratico.