venerdì 14 gennaio 2011

Bugie e alcune statistiche sul rischio degli hedge fund

Gli investimenti illiquidi in hedge fund sono caratterizzati anche da altri problemi. Qualsiasi prezzo per un investimento non quotato sarà una stima. Le valutazioni perequano inevi-tabilmente e ritardano i cambiamenti nei prezzi di mercato sottostanti. Questo implica che, qualora gli investitori abbiano la possibilità di operare su un valore di stima, tenderanno a comprare o a vendere quando riterranno che il prezzo stimato sia maggiore o minore di quello di mercato. Inoltre, i valori di stima sono meno volatili dei prezzi di mercato. Ciò significa che la volatilità delle stime mensili non dovrebbe mai essere usata come guida al rischio in una strategia che prevede un ampio ricorso alle valutazioni. Laddove i dati sui prezzi siano perequati, i calcoli di volatilità e di rendimento corretto per il rischio (quale lo Sharpe ratto) saranno distorti, il rischio apparirà minore di quanto non lo sia veramente e la performance corretta per il rischio migliore. I valori di stima possono fornire utili informazioni di gestione, ma devono essere usati con cautela.
La questione relativa all'illiquidità e alla perequazione inevitabile dei rendimenti degli hedge fund e le relative implicazioni per misurare il rischio sono state oggetto di ricerche approfondite. I risultati tendono a essere uniformi nello stabilire l'importanza della questione e nel modo in cui si concentrano sulle strategie illiquide degli hedge fund. Le categorie interessate comprendono la strategia di distressed debt, di convertible arbitrage, le strategie event-driven e sui mercati emergenti. Le strategie che di norma non sono interessate da questo fenomeno di perequazione delle valutazioni sono quelle liquide: ovvero equity long/short, macro, short bias e soprattutto i fondi CTA o managed futures.
Calcolare i prezzi per fondi che comprendono ingenti quantità di investimenti privati e illiquidi rischia di seguire pedis-sequamente una procedura di stima, per poi usare gli stessi dati per predisporre la performance e, in particolare, le statistiche di rischio, le quali più che informare disinformano. Nell'ambito del private equity e del settore immobiliare, dove emerge lo stesso problema, le valutazioni degli investimenti sottostanti forniscono informazioni sulla gestione, ma non sui prezzi adeguati di sottoscrizione/rimborso; resta dunque inteso che (almeno nel private equity) l'unica performance che conta davvero è il tasso interno di rendimento, calcolato dall'importo di cassa originariamente investito, la liquidità successivamente rimborsata agli investitori e il tempo trascorso in mezzo.
Le sottoscrizioni ai fondi di private equity sono destinate a essere trattenute fino al realizzo, e per quanto vi sia un mercato secondario per le partecipazioni a tali fondi, questo non è at-tendibile per le "uscite all'ingrosso". Ad esempio, gli investitori in fondi di private equity sarebbero sorpresi se venisse loro sottoposto uno schema di statistiche mensili sui rendimenti di un portafoglio di venture capitai o di private equity per il calcolo delle statistiche di rischio, quali la deviazione standard o lo Sharpe ratto. Nel mondo degli hedge fund, invece, ciò accade regolarmente, anche nel caso di portafogli che comprendono ingenti investimenti illiquidi. Più utile come indicatori di performance, capaci di far luce sul rischio, possono rivelar¬si calcoli quali il maximum drawdown (massimo arretramento), che misura i rendimenti negativi del fondo, mitigando il problema delle valutazioni perequate.